In questa guida approfondiremo la previdenza complementare al fine di avere una guida completa con elementi caratteristici di questa particolare forma di previdenza. Anche in questo caso si parla di riforma pensioni anche se con qualche eccezione!
In sostanza, vi possiamo dire che la previdenza complementare non deve essere confuso con un tipo di fondo pensione preciso. Questo viene utilizzato al fine di indicare la pensione integrativa, ovvero un tipo di pensione che si può stipulare per avere un contributo alla fine del lavoro in più.
Questo comporta il continuo versamento delle quote di contribuzione INPS in aggiunta al versamento di altre quote ad un altro fondo o assicurazione.
Cos’è la previdenza complementare
Possiamo dire che la previdenza complementare è finalizzata a garantire una pensione integrativa in aggiunta a quella erogata dagli Istituti di Previdenza come INPS, INPDAP, o anche dalla casse professionali.
In sostanza, il contribuente, al termine della propria vita lavorativa potrà beneficiare di una seconda pensione come rendita aggiuntiva rispetto al trattamento pensionistico maturato.
Questa è prevista dal decreto legislativo n. 252 del 2005 (articolo 2) secondo cui possono aderire al fondo di previdenza complementare tutti i lavoratori dipendenti, siano essi pubblici, siano essi privati, compresi anche i soci e i dipendenti di società cooperative, autonomi e liberi professionisti.
In breve la previdenza complementare interessa tutti i lavoratori che svolgono lavori non retribuiti in relazione a responsabilità familiari, o anche lavoratori occasionali.
In sostanza possiamo definire la previdenza complementare come una forma di previdenza che si aggiunge a quella obbligatoria ma non è sostitutiva.
Come funziona la previdenza complementare
La previdenza complementare prevede che per ogni iscritto sia creato un conto individuale nel quale affluiscono tutti i versamenti che vengono investiti nel mercato finanziario attraverso gestori specializzati.
Questi versamenti nel tempo producono rendimenti variabili in funzione dell’andamento dei mercati e delle scelte di gestione.
Al momento di andare in pensione al contribuente verrà liquidata una rendita aggiuntiva alla pensione come vedremo di seguito comprensiva dei risultati di gestione.
Previdenza complementare milgiore: differenti tipologie
Nel caso in cui si parla di Fondi pensione come una delle formule opzionali di pensione integrativa, dobbiamo tenere presente che questi possono essere classificati in:
- fondi negoziali: ovvero fondi istituiti dai rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro all’interno dell’ambito della contrattazione nazionale, di settore o aziendale;
- fondi aperti: rappresentati dai fondi che sono promossi dalle banche, dalle imprese di assicurazione, o anche dalle società di gestione del risparmio (SGR) e dalle società di intermediazione mobiliare (SIM);
- Piani Individuali Pensionistici di tipo assicurativo (PIP): che sono istituiti dalle imprese di assicurazione;
- preesistenti al Decreto Legislativo 124 del 1993 il quale ha disciplinato la previdenza complementare per la prima volta.
Previsione complementare: come aderire?
Secondo quanto stabilito per legge, il dipendente potrà aderire alla previdenza complementare aderendo a2 differenti tipologie di fondi:
- fondi collettivi, nel caso in cui questi sono previsti dal contratto di lavoro;
- fondi individuali, nel caso in cui i soggetti attivano privatamente un fondo pensione aperto o a un PIP. E’ da tenere presente che in questo caso il lavoratore autonomo o il libero professionista potrà aderire in forma individuale a un fondo pensione aperto o a un PIP.
Differenza tra previdenza complementare e obbligatoria
Tra le tante differenze che possiamo enunciare in merito alla previdenza complementare e quella obbligatoria, ricordiamo:
- nella previdenza pubblica i contributi di tutti i lavoratori servono a pagare le pensioni di tutti i pensionati oggi, mentre con la previdenza complementare i versamenti di ciascun lavoratore vengono autonomamente investiti dal fondo di previdenza al fine di creare una rendita esclusiva per quel lavoratore;
- la pensione obbligatoria è:
- volontaria;
- a capitalizzazione individuale;
- a contribuzione definita;
- gestita da soggetti ed enti di diritto privato.
Relazione tra fondi pensione, previdenza complementare e TFR
Nel caso in cui i tratti di lavoratori dipendenti, si deve ricordare che questo ha tempo 6 mesi per dare comunicazione al proprio datore di lavoro per decidere se far confluire il proprio TFR presso un fondo pensione o se riscuoterlo in busta paga o se invece intende lasciarlo presso il datore di lavoro e riscuoterlo interamente a fine periodo lavorativo.
Nel caso di confluenza del TFR nei fondi pensione, si deve tenere presente che in questo caso il soggetto ha la possibilità di scegliere se destinare in via definitiva a una forma pensionistica complementare le quote del TFR che non sono ancora maturare.
Notate bene che la scelta in questo caso potrà anche essere fatta in un secondo momento. In questo caso, il TFR maturato fino a quel momento resta accantonato presso il datore di lavoro e sarà liquidato alla fine del rapporto;
Il soggetto potrà però anche optare per la non scelta immediata ed in questo caso:
- il soggetto potrà optare per il conferimento automatico del TFR nel fondo pensione;
- il soggetto potrà optare per il conferimento tacito del TFR al fondo al quale è iscritto il maggior numero di dipendenti della propria azienda;
- il soggetto potrà far conferire il proprio TFR presso Fondinps, ovvero la forma pensionistica complementare appositamente costituita presso l’INPS.
TFR: quota obbligatoria ai fondi pensione
Secondo quanto stabilito poi dalla legge di Stabilità 2017 si prospetta per i prossimi anni, il conferimento completo ed obbligatorio del TFR all’interno dei fondi pensione.
Questo provvedimento sembra dover quindi favorire la flessibilità del sistema previdenziale italiano.
Al fondo pensione integrativo dovrebbe quindi conferire almeno una quota parte del TFR.
Al momento però questi non sembrano essere molto vantaggiosi, visto e considerata anche la tassazione!
Facendo un po di conti, se il TFR rimane in azienda, questo subisce una tassazione del 17%, mentre se viene fatto confluire in un fondo pensione, esso è tassato al 20%! Quindi non vi è nessuna convenienza al momento per i dipendenti di far confluire il TFR nei fondi pensione. Diversamente, nel caso di obbligo governativo, il soggetto rischierebbe con una tassazione tale di vedersi decurtato il TFR di un +3%.
Questa maggiore tassazione però potrebbe essere compensata da un maggior rendimento del TFR, in quanto il fondo pensione oggi, garantisce il 5,7%.
Cosa sono e come funzionano i fondi pensione
I fondi pensione investono i soldi che abbiamo versato sul fondo direttamente sul mercato obbligazionario. Il contribuente riceverà un interesse sul tot. effettuato. Questi dunque permettono di ottenere un guadagno su ciò che si è investito.
Ovviamente prestate molta attenzione sul fondo che si decide di investire, per la pensione contributiva e si deve cercare di non avere un tasso di rischio troppo alto.
Fondi pensione e previdenza complementare: calcolo quota contributiva
Nel momento in cui il soggetto lavoratore opta per la forma pensionistica complementare, deve anche scegliere la somma di contribuzione che è interessato a pagare. In questo caso, il lavoro dipendente potrà optare per:
- previdenza complementare ad adesione collettiva: secondo cui la contribuzione è formata dal contributo del lavoratore e dalla quota di TFR futuro. Questo è composto dal TFR maturato dal momento in cui si aderisce alla forma pensionistica e dal contributo del datore di lavoro;
- previdenza complementare ad adesione individuale: la contribuzione è formata dal contributo volontario del lavoratore e dalla quota di TFR futuro.
Nel caso in cui si parli di lavoratore autonomo, la contribuzione è formata solo dal suo contributo.
Si deve tenere presente che è obbligatorio comunicare con la dichiarazione dei redditi i contributi non dedotti entro il 31 dicembre. Questa forma viene vista come un incentivo alle adesioni alla previdenza complementare.
In sostanza si tratterebbe di un’agevolazione fiscale, inerente ad una deduzione dei contributi fino ad un massimo 5164.57 euro, comprendente la somma di tutti i versamenti che affluiscono alle forme pensionistiche, a prescindere che si tratti di forme pensionistiche collettive o individuali.
La parte eccedente dei versati al fondo di previdenza complementare e che non rientrano nella deduzione, non sono tassati al momento della liquidazione della prestazione.
Trasferimento ad altro Fondo
Tutti i soggetti, iscritti presso un fondo possono anche optare per il cambio del fondo nel caso in cui siano trascorsi almeno 2 anni dall’adesione.
In questo caso si potrà chiedere per qualsiasi ragione il trasferimento della propria posizione presso un’altra forma di pensione complementare.
Vi è da tenere presente anche che nel caso in cui si vengano a verificare delle perdite dei requisiti di partecipazione a una forma di previdenza complementare il contraente potrà optare per il riscatto o il trasferimento dei fondi pensione.
Questo potrebbe venire a verificarsi, prima ancora che il soggetto possa maturare il diritto alla pensione, o anche nel caso in cui vi sia in atto una perdita dei requisiti di partecipazione a una forma di previdenza complementare.
In questo caso, è possibile effettuare il trasferimento della propria posizione presso un’altra forma pensionistica esercitando il riscatto.
Normativa in merito ai fondi pensione
Secondo quanto previsto dagli statuti e i regolamenti inerenti i fondi pensione l’articolo 14 D.lgs. 5 dicembre 2005, n. 252, stabilisce che nel caso in cui vengono meno i requisiti, si stabilisce che:
- è possibile traferire l’ammontare presso un’altra forma pensionistica complementare, alla quale il lavoratore accede in relazione alla nuova attività;
- potrà ottenere un riscatto parziale o un riscatto totale.
Riscatto parziale
Nel caso di un riscatto parziale è previsto è prevista una misura massima del 50% della posizione individuale maturata, ,ma solo nei seguenti casi:
- cessazione dell’attività lavorativa e quindi inoccupazione per un periodo di tempo non inferiore a 12 mesi e non superiore a 48 mesi;
- ricorso del datore di lavoro a procedure di mobilità per i lavoratori dipendenti, o altri sistemi di integrazione salariale e di ammortizzatosi sociali come cassa integrazione guadagni ordinaria o straordinaria.
Riscatto totale
Si parla invece di riscatto totale della posizione individuale maturata, solo nel caso in cui si verifichi uno dei seguenti eventi:
- invalidità permanente che comporta dunque la riduzione della capacità di lavoro a meno di un terzo;
- cessazione dell’attività lavorativa che comporta inoccupazione per un periodo di tempo superiore a 48 mesi.
Decesso del soggetto
Solo nel caso in cui vi sia decesso del soggetto aderente alla forma pensionistica complementare prima ancora che questo abbai maturato il diritto alla pensione, è possibile riscattare l’intero capitale da parte degli eredi o dai beneficiari designati dal sottoscrivente al momento della stipulazione dell’atto.
Nota bene
In casi non vi si nessun soggetto indicato e non vi siano eredi, il fondo pensione viene devoluto interamente per finalità sociali.
Previdenza complementare conviene? Rendita
La rendita viene erogata solo nel momento in cui si raggiungono i requisiti necessari per la pensione obbligatoria. In questo caso i contributi versati devono avere un’anzianità minima di 5 anni di partecipazione alla previdenza complementare.
Solo in questo caso, si potrà trasformare la propria posizione individuale in rendita.
Il versamento viene effettuato dall’impresa di assicurazione con cui la forma pensionistica è stata contratta e quindi convenzionata.
Durante la fase di contribuzione il soggetto contribuente potrà prelevare anche la somma destinata alla rendita, come anticipazione o riscatto ma solo nel caso vi siano i presupposti previste dalla legge e dal Fondo pensione.
Possiamo quindi suddividere i fondi pensione in categorie in base alla rendita.
Rendita vitalizia immediata
Rappresenta una rendita a fronte del pagamento del premio da parte del contribuente. Questo prevede il versamento di una somma periodica per tutta la vita.
Rendita vitalizia differita
Rappresenta la somma erogata al pagamento del premio meno le somme periodiche versate dalla compagnia, ma con un valore maggiore.
Rendita reversibile
In questo caso, la somma è erogata anche dopo il decesso dell’assicurato ad uno o più eredi. Questo però implica un premio inferiore alle polizze non reversibili.
Rendita di tipo mista
Questa garantisce una rendita allo scadere di un certo numero di anni che solitamente non sono mai inferiori a 5. La rendita potrà essere destinata anche a terzi soggetti se nel frattempo il contraente è deceduto.
Rendita contro-assicurata
Rappresenta una rendita nel caso di morte. Questa somma è definita dalla differenza tra premio versato e somme già pagate dalla compagnia, oltre a una rendita ltc (long term care) maggiorata nel caso in cui il soggetto non è + autosufficiente misurata in base agli Adl (Activities of daily living) durante il periodo in cui l’assicurato percepisce la rendita.
Previdenza complementare: deducibilità e regime fiscale
Infine, per quanto riguarda il regime fiscale, si deve tenere presente, in merito alla previdenza complementare, la Legge di Stabilità 2015 ovvero la Legge del 23 dicembre 2014 n. 190, pubblicata sulla GU n. 300 del 29 dicembre 2014.
Questa legge prevede che il regime fiscale della previdenza complementare è così suddiviso:
- imposta sostitutiva del 20% sul risultato netto maturato;
- credito d’imposta del 9% del risultato maturato al netto dell’imposta dovuta, ma solo nel caso in cui un ammontare corrispondente venga investito in attività finanziarie;
- deducibilità IRPEF fino a 5.164,57 euro per ogni anno (limite di contributi versati), compreso eventuale contributo del datore di lavoro e versamenti per soggetti a carico. Non rientra invece in questo campo la quota del TFR.
Regime fiscale riscatto
Nel caso in cui si parla di riscatto, sdi deve tenere presente che tutte le somme percepite, ma solo in caso di perdita dei requisiti di partecipazione al Fondo o in caso di decesso, sono soggette a tassazione.
In questo caso si applica una ritenuta a titolo di imposta con l’aliquota del 15% alla quale si applica una riduzione di una quota pari a 0,30 punti percentuali per ogni anno eccedente il 15 anno di partecipazione a forme pensionistiche complementari.
Da tenere presente però anche che vi è il limite massimo di riduzione fino a 6 punti percentuali.
Nel caso in cui invece si tratti di somme percepite a titolo di riscatto per cause diverse da quelle di mancanza dei requisiti di partecipazione e dal decesso dell’aderente alla previdenza complementare, è possibile che vi sia applicata una ritenuta a titolo di imposta pari al 23%.
Prescrizione dei fondi pensione
Infine, precisiamo che le prestazioni erogate in un’unica soluzione, o in caso di riscatto o anche di trasferimento della posizione individuale di un Fondo pensione, trova applicazione la prescrizione ordinaria in un termine di 10 anni.
Previdenza complementare: quale pensione integrativa scegliere?
Infine, poi, in base anche alla situazione attuale di crisi finanziaria, dei conti INPS in rosso e della Riforma Pensioni adottata in questi anni, il tema della previdenza complementare è divenuto molto importante.
Il sostanza il soggetto potrà scegliere un fondo complementare scegliendo principalmente, tra fondo aperto e fondo negoziale.
Fondi negoziali
Per quanto riguarda i fondi negoziali, si ricorda che il mercato delle assicurazioni propone una ricca offerta. Questa è in grado oggi di coprire la domanda.
Il vero traino è rappresentato però dalle compagnie in grado di erogare rendite nel settore dei fondi negoziali, che sono tra id loro molto simili, sopratutto nel caso in cui si tiene conto delle opzioni per personalizzare la polizza.
Tutte le compagnie oggi offrono rendita reversibile o vitalizia e molte di queste offrono anche la possibilità di scegliere l’aliquota per la reversibilità.
Fondi aperti
I fondi aperti invece, non indicano quasi mai una data di scadenza delle convenzioni. Nel caso in cui, poi, si parli di aggiornamento delle condizioni, si deve tenere presente che i lavoratori che vanno in pensione nei 3 anni possono conservare le condizioni di quella precedente.
Questi fondi al momento offrono una tipologia di rendita differente; ovvero offrono rendite reversibili e alcuni anche l’aliquota di reversibilità a scelta.
Se volete rimanere aggiornati sul tema, vi consigliamo di seguire la sezione riforma pensione, presente sul nostro blog.
Articoli che potrebbero essere di vostro interesse:
- Pensione 2017: Come richiederla? News sulla riforma pensioni
- Pensione anticipata: dal 2018 nuove regole e costi per lavori usuranti
- Pensione integrativa: conviene o no investire con i fondi pensione? Guida completa
- Fondi pensione: cosa sono e a cosa servono? Guida completa
Seguici su Telegram
Rimani aggiornato con guide e iniziative esclusive per gli iscritti!
Lascia un Commento