Purtroppo o per fortuna per tanti, il tema delle pensioni è ancora il più seguito. Il governo sta lavorando da diversi mesi ed anni ad una possibile riforma al fine di favorire il pensionamento di un numero sempre maggiore di lavoratori, facendo però i conti anche con quelle che sono le direttive europee in tema di bilancio statale.
7 miliardi in 3 anni per Ape e pensioni basse. Questi sono i numeri dettati dal premier Matteo Renzi prima delle sue dimissioni, suddivisi in:
- 1,9 nel 2017;
- 2,5 nel 2018;
- 2,6 nel 2019.
Molte le novità soprattutto per le categorie di lavoratori più deboli, i quali potranno accedere all’Ape social, senza penalizzazioni. Per coloro che vogliono andare in pensione volontariamente, potranno farlo con una penalizzazione massima del 5%.
Riforma pensioni 2017: ultime novità e sconti fiscali Irpef per gli under 75
Le ultime novità in merito alla riforma pensioni, riguardano le pensioni 2017, secondo cui la Legge di Bilancio ha aumentato le detrazioni Irpef con la possibilità di estenderle anche ai pensionati under 75.
Di seguito vedremo di cosa si tratta con tutte le novità e le modifiche apportate.
Pensioni 2017: intervento del Governo
All’interno della legge di Bilancio 2017 è stato istituito un intervento in merito alla riforma pensione 2017.
Infatti, secondo quanto stabilito all’interno della legge di stabilità, è possibile estendere le detrazioni fiscali Irpef anche ai pensionati under 75, In sostanza si tratterebbe di una modifica che permetterebbe a tutti i pensionati ( che ne hanno i requisiti) non solo di beneficiare di alcuni sconti ma anche di poter accedere alla 14°.
Ultime novità pensioni 2017: In cosa consiste l’estensione delle detrazioni fiscali Irpef ai pensionati under 75?
Secondo quanto disposto dall’art. 1 comma 210 della Legge di Bilancio 2017, tutti i titolari di pensione hanno diritto ad una detrazione dal’Irpef lorda pari a:
- € 1.880 nel caso in cui il reddito complessivo non supera € 8.000; di conseguenza la detrazione spettante non può essere inferiore a € 713;
- € 1.297 +[€ 583 euro x [(€ 15.000 – reddito complessivo)/ €7.000]] nel caso di reddito complessivo superiore a € 8.000 ma non a € 15.000;
- € 1.297 per la parte corrispondente al rapporto [(tra € 55.000 – reddito complessivo)/€ 40.000]nel caso in cui il reddito complessivo è superiore a € 15.000 ma inferiore a € 55.000.
Riforma Pensioni 2017 ultime novità: no tax area e Irpef
Secondo quanto previsto poi dalla legge di stabilità 2017, in merito alla riforma pensioni, precisiamo che essa produce effetti anche sulla cd. “no tax area”, e che riguarda tutti i pensionati incapienti.
Secondo quanto previsto dalla Legge di Bilancio 2017, la no tax area viene ridotta ad € 8.125. Di conseguenza tutti i pensionati che guadagnano meno di € 8125 all’anno non sono soggetti a tassazione Irpef.
In merito a quanto era previsto precedentemente, viene uniformato il sistema delle detrazioni fiscali Irpef. Di conseguenza sono eliminati i criteri anagrafici (under/over 75) nella scelta delle detrazioni da applicare ai pensionati.
Riforma pensioni negli ultimi 20 anni
Al momento, possiamo considerare che solo negli ultimi 20 anni, si sono susseguite riforme di ogni tipo, stretti appunto tra esigenze di cassa e garanzie per i pensionati, al fine di consegnarli una pensione sufficiente per vivere dignitosamente.
La sostenibilità del sistema purtroppo non è un tema semplice anche se allarmismo e preoccupazioni non li possiamo considerare come dei fattori giustificanti!
Quello che al momento, governo e parlamento, deve tenere sotto controllo, oltre ai conti pubblici, è anche l’equità sociale e le pensioni di domani!
Principali riforme pensioni
Tre le principali riforme pensioni, ricordiamo:
Riforma DINI
Riforma pensioni 1995 cosiddetta riforma Dini, la quale ha sancito il passaggio dal sistema pensionistico retributivo a quello contributivo. In questo modo, si è calcolata la pensione non più sulla retribuzione ma sui contributi effettivi versati.
Dal 1996 in poi, per i tutti coloro che sono stati assunti, si è provveduto all’eliminazione dell’integrazione al trattamento minimo. Questo non ha fatto altro che cancellare definitivamente, la garanzia di poter accedere ad una pensione minima per tutti i lavoratori che hanno un basso reddito e/o con precarietà di carriera.
Previdenza complementare
Previdenza complementare, la quale riforma avrebbe dovuto accompagnare la riforma Dini, ma che non ha mai preso il volo come auspicato.
Il lavoratore infatti, percepisce il pensionamento, come un calo sostanziale del suo reddito, considerando anche oggi, quelle che sono le speranze e le aspettative di vita.
Inoltre, maggiore è la precarietà della carriera lavorativa, maggiore sarà il disagio sociale del lavoratore/pensionato fino ad arrivare appunto ad una precaria condizione di vita legata anche ai limiti della sopravvivenza.
Riforma Fornero
Riforma Fornero, la cui riforma ha proiettato il pensionamento in un arco di tempo brevissimo, oltre il 67esimo anno di età.
A questa riforma precaria di natura, che ha provocato non pochi disagi, si è anche aggiunto l’aumento dell’età pensionabile in base a quelle che sono le statistiche in merito all’aspettativa di vita introdotta dal Governo Berlusconi e che avrebbe dovuto portare ad un aumento graduale dell’età pensionabile.
La riforma invece ha provocato un effetto devastante per tutti i lavoratori prossimi alla pensione. Se poi consideriamo che tutti quelli che sono nati dagli anni 80 in poi, potranno andare in pensione con un’età minima di 70 anni, allora la cosa è veramente preoccupante.
Riforma pensione: novità ultima ora e prospettive per il futuro
A fronte di tale situazione, secondo i sindacati, oggi, si dovrebbe agire anche con una certa fretta, visto e considerato che non si deve solo pensare al presente, ma anche al futuro ed al dramma sociale che si preannuncia.
Infatti, molti lavoratori, soprattutto coloro che sono operai e liberi professionisti (autonomi), si troveranno da qui a 20 anni in pensione con meno di 300 mensili. Questo presuppone l’impossibilità di vivere con la sola pensione.
Anche in questo caso il governo è intervenuto ed i sindacati hanno espresso non poca perplessità su una riforma di tale portata.
Il governo al fine di far fronte a tali incombenze, ha già chiarito che è in atto una riforma al fine di aumentare ed estendere la 14°a ai pensionati.
Al momento, vi è in atto anche la possibilità dell’anticipo pensionistico, ma tutto questo non ha nulla a che vedere con la pensione di domani.
Riforma pensioni: news sulle richieste dei sindacati
Vista la condizione di precarietà in cui si verte, anche con il sistema pensionistico, i sindacati hanno proposto e inoltrato diverse richieste al governo. In particolare hanno richiesto:
introduzione di un meccanismo di aggancio della pensione contributiva dell’assegno sociale.
Questo garantirebbe a tutte quelle pensioni inferiori all’importo dell’assegno sociale, l’aggiunta di questo in modo da poter garantire in questo modo, una pensione minima non inferiore a € 800 mensili.
In questo modo si garantirebbe la dignità dei pensionati di oggi e di domani.
Riforma pensioni 2017: APE in via sperimentale
Siamo quasi giunti alla sperimentazione della prima vera riforma pensione 2016 che potrebbe garantire la possibilità per molti lavoratori di andare in pensione anticipatamente grazie all’ape, ovvero al prestito pensionistico.
La riforma dell’APE è contemplata nella legge di Stabilità 2017 anche se per il momento solo in via sperimentale. per 2 anni. Questa la ricordiamo permetterebbe a chi possiede meno di 63 anni di età, di anticipare la pensione.
Dal 1° maggio 2017 l’intervento poi dovrebbe riguardare tutti i settori:
- lavoratori dipendenti;
- lavoratori dipendenti pubblici;
- autonomi;
- parasubordinati.
Requisiti minimi per accedere all’APE
Al fine di accedere all’anticipo pensionistico, il lavoratore dovrà possedere i seguenti requisiti:
- trovarsi a non più di 3 anni e 7 mesi ai requisiti per ottenere la pensione di vecchiaia;
- abbiano almeno 20 anni di contributi effettivi versati;
In questo modo, il lavoratore, facendo apposita domanda, potrebbe ottenere un prestito pensionistico, erogato dalla Banca e garantito dallo stato Italiano, o da un’assicurazione.
Riforma pensioni: restituzione dell’APE
Una volta ottenutala pensione, tramite il prestito pensionistico, questo dovrà essere restituito a rate, con un prelievo sulla pensione che durerà per 20 anni. In sostanza, il prelievo averebbe in modo automatico, una volta che si saranno raggiunti i requisiti per ottenere la pensione di vecchiaia.
Ovviamente il prestito pensionistico sarà commisurato all’importo della futura pensione, esente da imposte ed erogato mensilmente per 12 mesi. Non è contemplata al momento la possibilità di ottenere 13° e 14°.
Nel momento in cui si attiva il prestito, il contribuente che ne usufruisce deve attivare un’assicurazione al fine di evitare il rischio di insolvenza in caso di morte. Questo viene attivato al fine di evitare che in caso di morte, di decesso prima del rimborso, il debito non venga più saldato. In questo modo, verrà rimborsato dall’assicurazione.
Attuando questo procedimento, il prestito verrà interamente rimborsato dall’assicurazione e non graverà ne sul coniuge superstite ne sugli eredi.
Riforma pensioni: APE agevolato
La riforma prevede poi, per particolari categorie di lavoratori la possibilità di utilizzare l’APE agevolato. In questo modo, la restituzione del prestito pensionistico diminuisce sensibilmente dall’importo della pensione.
Al fine di attuare questo sistema, per attenuare questo effetto, verrà sostituito il prestito pensionistico e sarà erogato un assegno da parte dello stato, di importo comunque non superiore a € 1.500.
Ape sociale: chi potrà beneficiarne?
Potranno accedere alle agevolazioni dell’ape sociale, tutti i lavoratori che si trovano nelle seguenti situazioni:
- disoccupati senza reddito;
- soggetti impiegati in attività gravose e per le cui condizioni precarie di salute, la permanenza al lavoro, costituirebbe un aumento del rischio di infortunio o di malattia professionale;
- soggetti con invalidità superiore al 74%;
- soggetti che beneficiano della legge 104 e che assistono parenti di primo grado conviventi con disabilità grave.
Ape sociale: requisiti
Al fine di poter accedere all’APE sociale, i lavoratori, dovranno possedere i seguenti requisiti:
- 30 anni di contributi;
- in alternativa 36 per tutti coloro che svolgono lavori pesanti e gravosi.
Riforma Pensioni Renzi: Anticipo pensionistico
L’Anticipo pensionistico introdotto dal Governo Renzi, non piace ai sindacati, i quali puntano ad ottenere proposte molto più interessanti per i lavoratori, al fine ultimo di ristabilire un minimo di equità sociale. Il tutto allo scopo di ridimensionare la flessibilità nel pensionamento e per sostenere i redditi più bassi.
Con la legge di stabilità 2017, introdotta da Renzi ed in questi giorni in discussione, il Governo ha recepito solo alcune delle richieste inoltrate dai sindacati; tra queste ricordiamo:
- l’aumento dell’importo della quattordicesima;
- la possibilità di estendere la 14° anche ai pensionati fino ad oggi esclusi;
- l’aumento della no-tax area per le fasce più deboli e che riguarda la non imposizione fiscale per i pensionati al pari dei dipendenti;
- valorizzazione delle carriere discontinue, che interessa tutti i lavoratori che non hanno un rapporto di lavoro fisso, e i quali hanno subito l’accreditamento dei contributi in diverse gestioni;
- valorizzazione del lavoro svolto dai lavoratori precoci e che oggi sono i più penalizzati;
- favorire l’uscita dal mercato del lavoro di tutti i lavoratori impegnati in attività usuranti.
No-tax area
A partire dal 2017, il governo ha disposto, sotto spinta da parte dei sindacati, un aumento delle detrazioni d’imposta, per tutti i pensionati, al fine di innalzare a € 8.125 annui, la soglia entro la quale non si pagano imposte. Questa manovra è meglio conosciuta come no-tax area.
Aumento della 14° mensilità per i pensionati
La prima volta che si parlò di 14° anche per i pensionati, correva l’anno 2007, quando al governo era premier Romano Prodi.
Fu lui, per la prima volta ad introdurre la mensilità aggiuntiva, la quattordicesima, per una classe di pensionati, la quale viene erogata ogni anno nel mese di Luglio.
Questa manovra riguarda tutti i pensionati che percepiscono un assegno sociale minimo, ovvero tutti coloro che hanno un reddito complessivo inferiore ad un determinato limite.
Al momento beneficiano della 14° tutti i pensionati che hanno un età superiore ai 64 anni e che possiedono un reddito inferiore a € 9.786,86.
La modifica presentata dal Governo Renzi, in merito alla riforma pensione prevede, la possibilità di estendere la 14° ad una platea di pensionati più ampia, e ad un aumentarne l’importo.
Dal 2017, quindi, in caso di voto favorevole alla proposta di legge, è possibile che i pensionati percepiscano una 14° con un importo massimo di € 1.000 mensili.
Gli attuali beneficiari, vedranno aumentarsi quindi l’assegno della 14° del 30%.
Dal 2017, come anche oggi, l’importo della 14° varia in base ai contributi accreditati.
Requisiti per beneficiare della 14° mensilità
Potranno beneficiare dell’aumento della 14° tutti i lavoratori che oggi percepiscono un assegno sociale e che abbiano compiuto i 64 anni di età e che possono far valere i seguenti requisiti:
- possiede meno di 15 anni di contributi nel caso di lavoratore dipendente;
- possiede meno di 18 anni di contributi, in caso di lavoratore autonomo;
- percepisce un assegno mensile pari a € 336.
Nel caso in cui il lavoratore abbia invece contributi versati tra un minimo di 15 anni ed un massimo di 25 anni in caso di lavoratore subordinato, o anche tra i 18 ed i 28 ani in caso di lavoratore autonomo, l’importo dell’assegno sale a € 420;
Nel caso finale di lavoratori che abbiano contributi superiori a 25 anni (28 anni se autonomo) l’importo dell’assegno sarà di € 504.
Lavoratori con carriere discontinue
Altro tema caldo per tutti i sindacati, è quello inerente ai lavoratori con carriera contributiva discontinua. In questo caso il governo, sotto proposta dei sindacati, sta cercando di trovare le somme al fine di sommare gratuitamente e senza alcuna penalizzazione, gli spezzoni contributivi che il lavoratore, in virtù delle carriere discontinue, ha accreditato nelle diverse gestioni previdenziali, compresa la gestione separata.
Questa possibilità è già prevista con il cumulo contributivo, anche se con delle limitazioni; in pratica:
- non è possibile esercitarla nel caso in cui il lavoratore abbia raggiunto, in una delle gestioni previdenziali, il diritto alla pensione di vecchiaia.
Non è invece possibile, o almeno per il momento, sommare i periodi contributivi inerenti alle casse dei liberi professionisti. In questo caso, ogni cassa calcolerà il proprio importo di pensione in base ad un proprio calcolo.
Non è invece, ancora contemplata nella riforma pensione presentata dal governo la possibilità per i lavoratori di ricongiungere gratuitamente i contributi da una gestione ad un altra. Questo processo rimane possibile ma solo a titolo oneroso.
Grazie a questo processo tutti i lavoratori, possono ottenere un importo di pensione più favorevole.
Lavoratori precoci
Per i lavoratori precoci, il governo, invece, ha previsto, la possibilità di beneficiare della pensione, con un anticipo rispetto a quella che è l’età pensionabile. In questo caso, il lavoratore potrà andare in pensione, a prescindere dall’età di anzianità, solo se ha il requisito minimo dei 41 anni di contributi.
Attenzione: il lavoratore andrà in pensione senza alcuna penalità, solo se possiede il requisito dei 41 anni contributivi ed un’età anche inferiore ai 62 anni, ma solo se gli sono stati versati contributi per almeno 12 mesi (anche non continuativi), accreditati prima del compimento del 19° anno di età.
In questo caso, saranno interessati:
- tutti i lavoratori disoccupati;
- tutti i cittadini privi degli ammortizzatori sociali;
- persone con disabilità;
- lavoratori occupati in alcune attività particolarmente gravose, secondo quanto disposto dalla legge di stabilità.
Al momento si sta valutando anche la possibilità di estendere tale possibilità a tutti coloro che assistono un parente convivente che verte in gravi disabilità.
Lavori usuranti
Al momento secondo quanto prevede la legge di stabilità , non ci sono modifiche per quanto riguarda la possibilità di ampliare le mansioni considerate usuranti. E’ invece prevista solo e soltanto la modifica dei requisiti per poter accedere ai benefici.
A partire poi dal 2017, si dispone che non è requisito essenziale, svolgere attività usurante nell’ultimo anno di lavoro, ovvero nell’anno in cui si raggiungono i requisiti pensionistici.
La manovra coinvolge tutti i lavoratori che hanno svolto un’attività lavorativa usurante per almeno 7 anni negli ultimi 10 precedenti il raggiungimento dei requisiti pensionistici; in alternativa, potranno beneficiare nel caso in cui, abbiano lavorato per un numero di anni pari alla metà dell’intera vita lavorativa.
Grazie poi all’abolizione della finestra mobile, è possibile che questi lavoratori andranno in pensione con 12-18 mesi di anticipo.
A partire poi dal 2019 tutti i lavoratori che fanno parte di questa categoria non saranno soggetti al’aumento del requisito anagrafico inerente all’aspettativa di vita.
Riforma pensione di reversibilità
Per molti, la legge inerente alla riforma sulla pensione di reversibilità è ingiusta ed illegittima. Questo è quanto emerso a seguito dell’effetto della quale le pensioni di reversibilità liquidate da gennaio 2012 in poi, ma solo nel caso in cui il matrimonio con la persona deceduta fosse stato contratto ad età della stessa superiore a 70 anni. Inoltre il matrimonio deve avere una differenza di età fra i coniugi superiore a 20 anni.
Solo in questo caso l’assegno subirà una decurtazione del 10% per ogni anno di matrimonio mancante rispetto a dieci.
Questo in sintesi quello che prevede la norma attuale, e su cui si è espressa di recente la Corte costituzionale.
Infatti, la Corte ha ritenuto, che anche tale limitazione, pur sussistendo tutti i requisiti sopra indicati, non può trovare applicazione in presenza di figli minori, studenti o disabili.
In sostanza, oggi le nuove pensioni di reversibilità, verranno calcolate senza la decurtazioni e quindi sono calcolate nella misura massima del 60% della pensione spettante al deceduto.
Nel caso in cui si sono già erogate le pensioni di reversibilità con un assegno di importo ridotto, queste devono essere ricalcolate dall’INPS non appena l’Istituto recepirà il principio della Corte costituzionale,
con l’erogazione dunque degli arretrati spettanti.
Riforma pensioni: quando il figlio inabile può richiedere la reversibilità?
Tutti i figli maggiorenni possono percepire la pensione di reversibilità alla morte del genitore. Per farlo devono però risultare totalmente inabili ed a carico dello stesso genitore defunto.
In questo caso, dobbiamo definire inabile quel soggetto che è totalmente incapace di compiere qualsiasi atto o attività lavorativa da cui può derivarne un guadagno, a causa dell’infermità, del difetto fisico o mentale.
Non è per tanto sufficiente dimostrare il riconoscimento di invalidità civile al 100%. Il richiedente deve sottoporsi comunque a visita al fine di accertare la totale inabilità al lavoro, in quanto uno svolgimento di una qualsiasi attività lavorativa non da diritto alla prestazione pensionistica, neanche di reversibilità.
Fanno eccezione solo i lavori svolti per un numero di ore inferiori a 25 ore settimanali con finalità terapeutiche presso cooperative sociali o aziende che possono assumere in seguito a convenzioni di integrazione lavorativa.
Solo in queste circostanze il figlio inabile può percepire un piccolo reddito mensile cumulandolo con la reversibilità del genitore. Lo stato di inabilità deve quindi sussistere al momento della morte del lavoratore o del pensionato. Non è valevole nessun tipo di dimostrazione di aggravio della malattia del figlio intervenuti dopo la morte dello stesso.
La condizione di reversibilità vine concessa solo al verificarsi e all’accertamento della non autosufficienza economica del figlio e il mantenimento abituale di questo da parte del genitore. Essere non autosufficiente e non avere una condizione economica tale da permetterli il sostegno, è condizione essenziale. In questo caso, non deve essere superato il reddito annuo di € 16.532.
Per i titolari di indennità di accompagnamento, il limite da non superare è invece pari a € 23.143.
Concorrono a formare reddito, tutti i redditi che sono assoggettati a tassazione IRPEF ad esclusione solo di redditi derivanti da pensione di guerra, prestazioni economiche erogate in favore di minorati civili, o rendite Inail.
Nel caso in cui l’inabile è coniugato, deve essere valutati anche il redditi percepito dal coniuge; in questo caso il diritto alla pensione è subordinato alla indisponibilità di mezzi del coniuge sufficienti al suo mantenimento e che risulti a carico del genitore alla data del decesso di questo.
Ai fini del mantenimento abituale e periodico. è necessario accertare che il genitore defunto era l’unico che provvedeva al sostentamento del soggetto inabile.
Riforma pensioni: doppio regime pensionistico per i dipendenti ENAV
Per tutti coloro che sono dipendenti dell’ENAV e che sono stati assunti dopo il 1995 con una delle seguenti qualifiche:
- controllo traffico aereo;
- esperti assistenza al volo;
- meteorologici;
- naviganti;
- categoria tecnico amministrativa;
non subiranno modifiche per il regime pensionistico. Questo resta ancora collegato alla cassa previdenziale di provenienza e non al tipo di attività svolta.
Tutti questi lavoratori, sono stati iscritti infatti presso l’assicurazione generale obbligatoria, con conseguente assoggettamento ai requisiti pensionistici più elevati secondo quanto ha disposto di recente la riforma Fornero. In pratica il requisito rimane 66 anni e 7 mesi.
Tutti i lavoratori, assicurati fino a tutto il 1995, sono invece rimasti iscritti alla Cassa trattamenti pensionistici dello Stato, e per il quale la normativa consente il pensionamento al compimento del 60° anno di età.
Pensioni comparto scuola: domande entro Gennaio 2017
In base a quelle che sono oggi le regole per andare in pensione nel comparto scuola, scade a fine gennaio il termine ultimo per la presentazione della domanda di pensione, per tutto i personale della scuola che si trovano in una delle seguenti condizioni:
- raggiungimento del limite massimo di contribuzione;
- dimissioni volontarie dal servizio;
- trattenersi in servizio al fine di raggiungere il minimo contributivo per andare in pensione dal 1° settembre 2017.
Tutti i lavoratori definiti pensionandi, dovranno presentare domanda entro e non oltre la fine del mese di gennaio 2017, recante la documentazione al MIUR al fine di inoltrare la domanda di cessazione dal servizio e conseguente domanda di pensione all’INPS.
Riforma pensione scuola
La riforma del personale della scuola, ha ridotto la possibilità per tanti lavoratori di accedere alla pensione di anzianità con le regole fino ad oggi in vigore. Infatti anche per questi soggetti, è stata elevata l’età per la pensione di vecchiaia, obbligando in questo modo, tutti i lavoratori che non hanno raggiunto i requisiti entro il 2011, a rimanere in servizio.
A partire poi dal 2012, poi, è stato esteso il metodo di calcolo contributivo al fine di determinare l’importo della pensione in base a quello che è oggi il sistema pro-rata.
Attenzione: questa disposizione riguarda solo chi entro il 31 dicembre 1995 ha 18 anni di contributi.
Tutti i soggetti che rientrano in questa categoria, subiscono una riduzione dell’importo della pensione limitata, visto e considerato che il sistema contributivo rimane solo per i pochi anni rimasti dal
2012 alla data di cessazione dal servizio.
Tutti i lavoratori, invece, che si trovano nel contributivo puro o in quello misto: retributivo per l’anzianità maturata fino a tutto il 1995 e contributivo per la successiva.
A seguito invece dell’estensione a tutti i lavoratori del metodo contributivo pro-rata, non esiste più il limite dei 40 anni di contributi al fine di calcolare la pensione.
Dal 2012 in poi, dunque, le pensioni di:
- vecchiaia;
- massima anzianità contributiva;
- anzianità previste dalla recedente normativa;
sono state sostituite dalla pensione di vecchiaia o dalla pensione anticipata. Per tutti i lavoratori, l’accesso alla pensione di vecchiaia resta subordinato ad un minimo di 20 anni contributivi.

Riforma pensione Carabinieri
Il governo ha riformato tutto il sistema pensionistico, di conseguenza, anche quelli appartenenti all’arma hanno subito riforme.
Nello specifico, il personale appartenente all’Arma, si suddivide in:
- ufficiali;
- ispettori;
- sovrintendenti;
- appuntati;
- carabinieri.
Per tutti questi soggetti, il requisito anagrafico per accedere alla pensione di vecchiaia varia anche in base al del grado rivestito dal militare e dal ruolo di appartenenza.
In sostanza, i requisiti contributivi minimi richiesti al fine di accedere alla pensione di vecchiaia sono rimasti sempre quelli previsti per la generalità dei dipendenti pubblici; ossia:
- 20 anni di anzianità contributiva;
- oppure 15 anni se maturati entro e non oltre il 31/12/1992.
I 12 mesi di finestra mobile decorrono in questo caso dal perfezionamento del requisito contributivo.
Pensione di anzianità carabinieri
Per quanto riguarda invece la pensione di vecchiaia, la legge concernente la riforma del sistema pensionistico approvate in questi ultimi anni, non sono state applicate al personale del comparto difesa.
In questo settore, invece. è stato previsto, un regolamento di armonizzazione al fine di incrementare i requisiti minimi per la pensione.
Questo regolamento, per altro, non è stato ancora emanato ad oggi. Di conseguenza, il personale militare ha mantenuto i requisiti anagrafici e contributivi per il pensionamento, secondo quanto di seguito disposto:
- 57 anni e 7 mesi di età, con un’anzianità contributiva di 35 anni;
- a prescindere dall’età anagrafica, 40 anni e 7 mesi contributivi.
A seguito poi, dell’introduzione della quota di pensione contributiva per tutte le pensioni erogate con il sistema di anzianità e che sono successive al 2012, è venuta sempre meno la possibilità di ottenere la pensione di anzianità al raggiungimento della massima anzianità contributiva prevista (aliquota massima di pensione pari a 80% della retribuzione pensionabile), in corrispondenza di un’età anagrafica di 53 anni.
Fanno eccezione solo chi ha maturato tale anzianità entro il 31/12/2011.
A partire poi dal 1998 gli anni necessari al fine di conseguire la massima anzianità contributiva ed ottenere quindi l’aliquota massima di pensione, sono stati incrementati in relazione all’anzianità di servizio posseduta al 31 dicembre 1997.
Pensione Ausiliaria dei carabinieri
A tutto il personale dell’Arma dei Carabinieri, si applica anche la possibilità di accedere alla pensione ausiliare.
Il collocamento nell’ausiliaria consiste nella possibilità, per tutti i carabinieri, di raggiungere l’età pensionabile o anche la possibilità di raggiungere 40 anni di anzianità contributiva, e di essere congedati dal servizio attivo con disponibilità ad eventuale richiamo in servizio per un periodo di temo non superiore a 5 anni.
A partire poi dal 2015, i militari che sono in pensione ed in ausiliaria, possono godere di un’indennità annua lorda pari al 50% della differenza tra l’importo della pensione percepita ed il trattamento economico spettante al pari grado in servizio dello stesso ruolo, considerando anche l’anzianità di servizio pari a quella posseduta dal militare al conseguimento dell’ausiliaria.
Per tutti coloro che invece sono collocati in ausiliaria entro il 2014, la percentuale dell’indennità spettante sale al 70%. Al termine di detto periodo, la pensione ordinaria viene rideterminata considerando anche quella che è la retribuzioni percepita in ausiliaria e questo determina un trattamento pensionistico di importo più elevato.
Riforma pensione Giornalisti
Anche il comparto giornalisti ha subito l’effetto della riforma pensioni. Per tutti coloro che sono iscritti all’albo dei giornalisti, dal 2017 cambiano i requisiti di accesso alle pensioni.
Questo è stato deciso dall’Istituto di previdenza della categoria (Inpgi), in seguito a quella che è la riforma approvata lo scorso 28 settembre 2016. TRa le principali novità inerenti la riforma ricordiamo:
- passaggio al sistema contributivo per tutti coloro che sono assicurati per i contributi accreditati dal 2017;
- taglio alle pensioni di anzianità con conseguente aumento dell’età per le pensioni di vecchiaia con spostamento della soglia dai 62 anni ai 66 anni e 7 mesi nel 2019, ovvero l’anno in cui scatterà l’adeguamento dell’aspettativa di vita previsto per legge;
- per tutte le pensioni di anzianità, viene stabilita un’età minima di 62 anni; in questo caso però il requisito contributivo è molto più elevato passando da quello attuale a 38 anni dal 2017, fino ad arrivare ai 40 anni dal 2019;
- abolizione a partire dal 2017 della pensione di anzianità con 40 anni di contributi a prescindere dall’età.
Tutti i giornalisti che invece hanno perfezionato il requisito con le regole in e che dureranno fino al 31/12/2016 2016, nel caso sono più favorevoli, possono accedere alla pensione utilizzando appunto le vecchie regole.
In questi casi, sarà anche possibile riscattare i corsi di praticantato svolti presso le scuole di giornalismo riconosciute dall’Ordine.
Infine la riforma prevede anche la possibilità di allineare le aliquote contributive per gli ammortizzatori sociali, introducendo lo 0,20% per la cassa integrazione straordinaria, come anche oggi succede per l’INPS.
Nel caso di disoccupazione, invece, che era già stata introdotta a partire dal 2014, questa spetta a tutti coloro che sono iscritti all’Inpgi da almeno 2 anni e con almeno 12 contributi mensili nel biennio precedente la cessazione dell’attività. L’assegno di disoccupazione, spetterà per intero per tti i primi 6 mesi, e successivamente subirà una riduzione del 5% mensile, fino ad un massimo del 50%, per gli ultimi 9 mesi.
Infine, la riforma prevista, prevede il contributo di solidarietà per le pensioni di importo lordo annuo pari ad almeno € 38.000 con un prelievo sempre crescente in base anche all’importo della pensione.
Riforma pensione: ultime notizie sulla pensione anticipata per lavoratori part time
In seguito alle diverse riforme che s sono susseguite, dal 2015 ad oggi e nei prossimi anni a venire, il lavoratore potrà sottoscrivere un accordo con il proprio datore di lavoro per trasformare il contratto di lavoro da tempo pieno indeterminato, a tempo parziale indeterminato.
In questo modo, il lavoratore in busta paga, otterrà i contributi non versati all’Inps dal datore di lavoro. Secondo la riforma, questo permetterebbe al lavoratore di ottenere un premio, in quanto prossimi alla pensione di vecchiaia e che hanno dunque maturato i requisiti minimi contributivi e di età anagrafica.
Secondo invece quanto stabiliva la precedente norma, solo i lavoratori del settore privato potevano avvantaggiarsi di questo beneficio; potevano dunque accedere alla trasformazione del proprio contratto. In seguito poi all’approvazione della legge di conversione del decreto Mille proroghe, sono stati compresi anche i lavoratori del pubblico impiego.
Al fine di ottenere la trasformazione, oltre all’accordo tra lavoratore e datore di lavoro, il lavoratore deve essere titolare di un contratto di lavoro a tempo pieno indeterminato e deve raggiungere i requisiti di pensione di vecchiaia entro il 2018.
Riforma pensione: lavoratori dipendenti in pensione anticipata a seguito di dimissioni
Al fine di conseguire la pensione di vecchiaia o anche la pensione anticipata, il dipendente può optare per le dimissioni volontarie.
In seguito i lavoratore potrà anche avere un nuovo contratto di lavoro, anche presso la stessa azienda dalla quale era dimissionario e anche svolgendo le stesse mansioni di lavoro. L’unico requisito è che l’interruzione deve essere effettiva; in caso contrario, l’INPS potrebbe anche revocare la pensione.
Per dimostrare l’interruzione del lavoro, a prescindere dal tipo di attività subordinata svolta e a prescindere della gestione contributiva in cui la pensione è maturata, potrebbe anche bastare un giorno, anche se noi consigliamo sempre un periodo di tempo più consono, al fine di dimostrare le dimissioni effettive.
Al lavoratore dunque devono essere erogati tutti gli emolumenti spettanti in caso di licenziamento o di dimissioni, come mensilità spettante, ferie maturate e non fruite, indennità di mancato preavviso, Tfr anche rateizzato, ecc.
A questo si deve aggiungere anche la comunicazione di dimissioni o di licenziamento secondo le nuove recenti disposizioni in merito.
Il requisito minimo è l’assenza di rapporto di lavoro al momento della presentazione della domanda di pensione, la quale riguarda solo i dipendenti, gli autonomi ed i parasubordinati.
Non sono invece obbligati a questo requisito tutti i lavoratori assunti nel pubblico impiego.
Riforma pensioni: riconoscimento del servizio militare per i dipendenti pubblici
In base a quanto disposto dall’INPS in seguito ad una recente circolare, vi sono disposizioni ben precise per il riconoscimento dell’anno di servizio militare per coloro che sono assunti nel pubblico impiego.
In sostanza, l’Inps ha fornito istruzioni in merito alle nuove modalità di presentazione telematica delle domande al fine di ottenere il riconoscimento del servizio militare per la gestione dei dipendenti pubblici.
Per tutte le informazioni in merito, vi invitiamo a consultare il vostro patronato di fiducia.
Riforma pensione esodati: nuova salvaguardia
Infine, un appunto deve essere fatto in merito agli esodati. In questo caso è stato emanata l’ottava salvaguardia, che prevede un nuovo provvedimento con il quale si permette a oltre 27.000 lavoratori incastrati dalla riforma Fornero, di accedere alla pensione in base a quelli che sono i requisiti vigenti prima della stessa riforma.
Al momento le categorie interessate sono:
- 8.000 lavoratori che si trovano in mobilità o che sono soggetti a trattamento speciale edile, in base a quelli che sono stati gli accordi governativi o non governativi e che sono stati stipulati entro il 2011.
I lavoratori in mobilità a causa di cessazione lavorativa dell’azienda o nel caso in cui la stessa è interessata da procedure concorsuali come ad esempio il fallimento, anche senza accordi.
Requisiti per accedere alla salvaguardia
Affinché gli esodati possano accedere alla salvaguardia, devono rispettare alcune condizioni, come:
- cessazione dell’attività entro il 2012;
- perfezionamento dei requisiti pensionistici prima dell’entrata in vigore della riforma Fornero;
- abbiano raggiunto i requisiti entro i 36 mesi dalla fine di dell’indennità di mobilità o del trattamento speciale edile;
- abbiano raggiunto il requisito anche attraverso il versamento di contributi volontari.
- 9.200 lavoratori autorizzati ai versamenti volontari ma in data anteriore al 4 dicembre 2011 e che al 06 dicembre 2011 hanno raggiunto un contributo volontario accreditato o accreditabile anche se hanno svolto, in data successiva al 4 dicembre 2011 una qualsiasi attività, non riconducibile ad un rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato.
Al fine di poter accedere, è necessario che vengano soddisfatte le condizioni dei requisiti prima della riforma Fornero, necessari alla decorrenza della pensione entro il 6 gennaio 2019.
- 1.200 lavoratori autorizzati ai versamenti volontari entro il 4 dicembre 2011, e che alla data del 6 dicembre 2011 non hanno alcun contributo volontario accreditato o accreditabile. Condizione essenziale è che abbiano almeno un contributo versato inseguito ad effettiva attività lavorativa nel periodo compreso tra il 2007 ed il 30 novembre 2013 e che a quest’ultima data non siano assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato.
La condizione essenziale al fine di usufruire del beneficio è il perfezionamento dei requisiti prima dell’entrata in vigore della riforma Fornero, necessari alla decorrenza della pensione entro il 6 gennaio 2018.
- 7.800 lavoratori il cui rapporto di lavoro è cessato entro il 2012 per accordi individuali o collettivi d’incentivo stipulati entro il 2011.
Possono far valere tale possibilità tutti i lavoratori esodati che hanno risolto il rapporto di lavoro in maniera univoca, nel periodo compreso tra il 2007 ed il 2011.
Al fine di poter usufruire di questo, gli esodati devono beneficiare del perfezionamento dei requisiti prima delle riforma Fornero con decorrenza della pensione entro il 6 gennaio 2019.
- 700 lavoratori che nel 2011 vertono nella condizione di congedo straordinario, al fine di assistere il figlio portatore di handicap e che sia in una grave situazione. Nonostante tutto, questi devono aver raggiunto i requisiti prima della riforma Fornero necessari alla decorrenza della pensione entro il 6 gennaio 2019.
- 800 lavoratori assunti a tempo determinato o che si tratta di lavoratori con contratto di somministrazione e che è cessato nel periodo compreso tra il 2007 ed il 2011.
Questi soggetti devono essere nella situazione di non occupazione, ovvero non hanno stipulato contratti di lavoro a tempo indeterminato dopo tale data. Al fine di usufruire di questo beneficio, il lavoratore deve aver raggiunto i requisiti di pensione prima della riforma Fornero e che possono andare in pensione entro il 6 gennaio 2018.
Non rientrano in questa categoria i lavoratori del settore agricolo o i lavoratori che sono assunti con contratto di lavoro stagionale.
IMPORTANTE
I lavoratori interessati da questa salvaguardia, devono presentare domanda entro i 60 giorni dalla data di entrata in vigore della Legge di stabilità 2017.
E’ necessario pertanto attendere e seguire l’approvazione della legge, anche per essere certi che non siano state applicate altre modifiche.
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