Periodicamente si sente parlare del fenomeno del social housing. Ma sappiamo di cosa si tratta? In questo articolo cercheremo di scoprirlo portando, innanzitutto, una definizione e mettendo in mostra i tre pilastri fondamentali sui quali si fonda questo modo nuovo di abitare.
Il Comitato di coordinamento europeo per il social housing lo ha definito come “un insieme di alloggi e servizi, di azioni e strumenti per un’utenza che non riesce a soddisfare il proprio bisogno abitativo sul mercato, per ragioni economiche o per assenza di un’offerta adeguata; un insieme che favorisca la formazione di un contesto abitativo e sociale dignitoso, al fine di rafforzare la propria condizione abitativa e sociale”.
Da questa definizione possiamo innanzitutto precisare i destinatari di questi progetti composti dalla cosiddetta ‘fascia grigia’, ossia giovani coppie o famiglie che presentano redditi medio-bassi, lavoratori a progetto, studenti fuori sede, separati o divorziati, pendolari, anziani, immigrati o single in cerca della prima casa.
Il social housing, sviluppatosi in Olanda e Gran Bretagna a partire dai primi anni ’90, è quindi un fenomeno ormai diffuso in tutto il Vecchio Continente. In Italia, invece, non ha avuto terreno fertile dal momento che noi siamo un popolo con la tendenza ad acquistare beni immobili. I dati mostrano che l’80% degli immobili italiani sono di proprietà, mentre solamente il 20% è in affitto.
Il social housing prevede delle case in affitto permanente dove, un bilocale, presenta un canone non superiore ai 500 euro al mese. L’affitto, quindi, sarà calmierato e verrà sottoposto ad un regime di controllo dei prezzi in modo tale che non superi il 25-30% dello stipendio totale.
Il tutto, ovviamente, condito da un livello di abitabilità dignitoso, adeguato e soprattutto sostenibile per il potere d’acquisto del soggetto in questione. I contratti hanno una durata di 5 anni e rispettano tre pilastri: la progettazione di edifici di qualità, la garanzia di sostenibilità ambientale ed efficienza energetica e infine il livello contenuto dei prezzi.
I complessi residenziali, inoltre, sono gestiti da cooperative e società specializzate anche nella gestione ‘sociale’ e quindi intermediari affidabili e attenti ad esigenze differenti da quelli del mero profitto.
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